“Diventato innocente” Incontro con Carmelo Musumeci
Cultura, Incontro
Ore: 17 Luogo: Piazzetta Economia CarcerariaPresentazione del libro di Carmelo Musumeci. Arrestato nel 1991, condannato all’ergastolo, è entrato in carcere con la licenza elementare e durante 27 anni di detenzione è arrivato a conseguire tre Lauree. Ha scritto numerose pubblicazioni e libri, con contributi – tra gli altri – di Erri De Luca e Margherita Hack.
Carmelo Musumeci è nato nel 1955 in Sicilia. Condannato all’ergastolo, ora fa il volontario presso una Casa Famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da Don Oreste Benzi. Entrato in carcere nel 1991 con licenza elementare, oggi ha 3 Lauree. Dal 1992 al 1997, mentre è all’Asinara in regime di 41 bis, riprende gli studi e da autodidatta termina le scuole superiori. Nel 2005 consegue la prima Laurea in Scienze Giuridiche, con una tesi in Sociologia del diritto dal titolo “Vivere l’ergastolo”, relatore Prof. Emilio Santoro.
Nel maggio 2011 si è laureato in Giurisprudenza all’Università di Perugia, con una tesi dal titolo “La ‘pena di morte viva’: ergastolo ostativo e profili di costituzionalità”, con relatore il Prof. Carlo Fiorio, docente di Diritto Processuale Penale, e Stefano Anastasia, ricercatore di Filosofia e Sociologia del Diritto. Nel 2016 si è laureato in Filosofia, con votazione 110 e lode, presso l’Università degli Studi di Padova, discutendo la tesi “Biografie devianti” relatrice Prof.ssa Francesca Vianello.
Promuove da anni una campagna contro il fine pena mai, per l’abolizione dell’ergastolo.
“Molti pensano che il carcere sia la medicina. Ciò non è vero, perché il carcere rappresenta piuttosto una malattia della società, la gabbia dell’odio e della rimozione sociale. In luoghi come questi non si migliora, ma si peggiora. Nel 2022 già 70 suicidi nelle carceri italiane, probabilmente perché i prigionieri hanno più paura di vivere che di morire.
Nessuno però dice nulla del fatto che hanno buoni motivi per farlo perché il carcere in Italia non insegna molte cose, ma una cosa la sa fare molto bene, sa “convincerti” a toglierti la vita. I detenuti si domandano perché devono continuare a vivere anziché farla finita con una vita che tanto spesso è un inferno. E ammazzarsi non è affatto una domanda, ma una risposta perché per un detenuto a volte è più importante morire che vivere, per mettere fine allo schifo che ha intorno.
Purtroppo spesso in prigione la vita è un lusso che non ti puoi permettere e per smettere di soffrire non puoi fare altro che arrenderti, perché in molti casi nelle nostre “Patrie Galere” vale più la morte che la vita”.